sabato 9 luglio 2016

Apostolato della Preghiera : Il nuovo umanesimo dell’Apostolato della Preghiera...

Il nuovo umanesimo dell’Apostolato della Preghiera
La Carità divina è predisposta a sempre nuovi  disegni di santificazione dell’uomo  alla ricerca della Verità  incarnata da Cristo, e non lascia irrisolti i problemi interiori che il progresso sociale determina  e scatena nei fedeli  sostenitori del  precetto evangelico della giustizia colma di misericordia, in contrasto con il desiderio di  autosoddisfazione dei propri interessi che il mondo  coltiva concretamente  nel  mito del capitalismo.
Il dono della sapienza è concesso a chi non si arrende alla logica imperante, riconducibile al dominio della carne sullo spirito, ma richiede un continuo ascolto della avvertenze provvidenziali dei fatti che accadono,   un costante  interrogarsi  sul mistero di Cristo in rapporto alla propria vita, una  seria riflessione sui valori attuali in rapporto ai precetti  eterni  contemplati nell’umanesimo  esemplare di Gesù, modello e maestro di ogni uomo che voglia discernere e fare la volontà del Padre, che tutti chiama ad essere suoi figli ed eredi.
L’Apostolato della Preghiera ha raffigurato e raffigura il volto dell’uomo contemporaneo, che non si  rispecchia nell’essere abnormemente razionale professato dall’illuminismo, e neppure nel tenebroso sognatore invocato dal romanticismo, ma trova la sua vera dimensione nella persona  di Giovanni, l’apostolo prediletto del Signore, che riceve  la Sua intima confidenza  per imparare ad interpretare il presente alla luce della storia della salvezza.
Non conta la prosperità economica, che assoggetta l’individuo alla legge spietata della produttività, costringendolo ad eccessi di volontà antagonista, a danno della propria coscienza;  non soddisfa  abbastanza il piacere della conquista di tanti diritti sociali, mancando il gusto della vittoria sulle proprie miserie, acuite dall’andazzo quotidiano  nel  segno  del compromesso per il successo,  la sola consolazione non aleatoria risiede nella contemplazione della  terra promessa, dove arriva chi non pretende i beni materiali,  ma chiede il bene incorruttibile ed essenziale  del cuore umile e mite come il Cuore divino.
La spiritualità dell’Apostolato della Preghiera,  ribadita anche dalla recente ricreazione,  è basata sui sentimenti di Gesù comunicati ai suoi apostoli con le  parole e la vita, e rivela i tratti dell’uomo di preghiera, che per fede in Colui che supplica si spoglia di ogni convenienza  mondana e si abbandona al salutare rimedio di Dio contro la rovina della  passione terrena:  chi si offre in favore  dell’incosciente, dell’irriconoscente, del tiepido e del pavido, si annulla nell’orgoglio personale  di essere degno di ascolto e di benevolenza a motivo della comunione d’intento con il Salvatore e Redentore, e  accetta con umiltà e mitezza  la Provvidenza paterna per i derelitti, ai quali si sente avvinto misticamente e per i quali arde di compassione e pietà.
Il dono di sé per il fratello sordo e cieco nei confronti della Verità e della Carità divine è espressione di corresponsabilità, solidarietà, intermediazione: sono i pilastri dell’umanesimo cristiano  modellato sull’esempio vivo di Cristo Eucarestia, e sono le basi della sua Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, romana.
Con queste basi abbiamo costruito il nostro edificio spirituale in mezzo a palestre e discoteche, o più modestamente cortili ed osterie, ed abbiamo insegnato ai distratti con abnegazione la via della giustificazione.
Ma oggi la nostra vicinanza individuale ed ecclesiale, sensibile ed intellegibile dal  nostro comportamento ed il nostro argomentare sui costumi dei giovani e dei diversi  di ogni genere  con consoni accenti, non è sufficiente a smuovere  le diffidenze e le  resistenze di quanti si sentono  distinti dai nostri  progetti umanitari, ed è dovere  coniugare l’amicizia con la sincera testimonianza d’affetto,  il rispetto con l’impegno serio, l’accoglienza con il sostegno sostanziale.
Per vocazione l’Apostolato della Preghiera è missionario, ma oggi la missione è il presupposto imprescindibile dei nostri atti di carità: quando il prossimo è familiare, si può  assicurare  la sorte dei  confratelli in affanno esistenziale relazionandoli a Cristo nella preghiera e nel sacrificio eucaristico, offerti per loro in riscatto dei loro oltraggi, e si può trasmettere immediatamente l’esempio  di cui hanno bisogno per redimersi  e mettersi  in cammino con noi, ma quando è il forestiero, il lontano che urge del nostro altruismo, il processo è inverso, in quanto siamo noi che dobbiamo abbandonare il nostro  cammino  abituale e portarci nella sorte dell’altro  ancorato alla propria  identità, con accortezza e delicatezza.
L’uomo incontro al quale dobbiamo andare  non è migliore o peggiore di noi, è il risultato di altre esperienze di vita, di altre ansie e paure, forse è miscredente, forse è pagano o impropriamente rispettoso di Dio, forse è minaccioso o rabbioso, intollerante o rude, molesto o villano, non lo sappiamo, se non lo contattiamo senza pregiudizi, e lo predisponiamo alla confidenza.
Già l’Apostolato della Preghiera si è adoperato per i miseri, poveri materialmente e spiritualmente, ne ha fatto il centro dei propri pensieri generosi, proponendo un umanesimo solidale che non ha paragone nel panorama mondiale:  l’apostolo cristiano si è proposto come l’uomo per l’altro uomo, forte del sentire e dell’agire di Cristo, ed ha prodotto la barriera umana contro il male moderno, il pragmatismo arido e squallido.
La società però in questi ultimi anni è cambiata ancora, si è infiltrata la regola dell’ottimizzazione del capitale sociale, qualcosa a metà tra capitalismo e socialismo, e l’attuale globalizzazione del  desiderio di cambiamento di prospettiva di vita è responsabile della corsa alla giustizia reale tra i popoli di ogni latitudine e longitudine del pianeta.
Il neogiustizialismo contemporaneo  ha attivato nella Chiesa maestra di vera solidarietà un’ulteriore promozione della carità soggettiva ed oggettiva, alla luce delle parole di Gesù: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.”. (Matteo 9, 12-13)
Il versetto 12 rimanda alla risposta che il Messia diede a Giovanni Battista riguardo ai malati che gli tendevano le mani per essere risanati: “I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me.”(Matteo 11, 5-6) : la misericordia è applicata ai randagi fuori del tempio, alle  creature che vagano nelle tenebre, ai miseri amari e reietti, ai morti alla speranza di un rimedio al peccato.
È umanesimo che scandalizza i benpensanti, di allora e di oggi, e portato alle supreme conseguenze è umanesimo globale, che nel mondo senza più frontiere precostituite trasfigura la malattia dell’umanità deturpata dalla morsa del fatalismo in opportunità di un nuovo  concetto del malato riconosciuto prediletto da Dio.
Il nuovo umanesimo dell’amorosa preferenza degl’ ultimi eredita il nobile sacrificio per amore del povero,tanto più se ammalato d’ignoranza o rassegnazione al male, sacrificio a noi apostoli del Cuore di Gesù particolarmente congeniale,e ne perfeziona e potenzia la portata: è richiesto in sostanza il resto,di  gran valore, un atto di misericordia che libera il beneficato dalla paura di essere abbandonato a se stesso.
Non solo amicizia, dunque, assicura il cristiano al prossimo che incontra per le vie del mondo, ma la bella novella dei sentimenti che prova per lui, comprensione, disponibilità, benevolenza.
Il mondo ha bisogno d’amore,  altrimenti muore.
Nei cinque verbi del Convegno di Firenze sul nuovo umanesimo in Gesù Cristo sono presenti i cardini della nuova evangelizzazione: uscire, annunciare, abitare,  educare, trasfigurare, fanno la Chiesa come sempre autorevole, provvida, caritatevole, ma le danno qualcosa in più rispetto alla equilibrata commistione di carisma profetico- apostolico (Paolo) e crisma pastorale-magisteriale (Pietro) che ella possiede  sin dagli inizi,  il servizio appassionato al pellegrino senza prospettiva futura, da rassicurare e portare alla meta del giusto benessere dell’anima e del corpo.
Non è  solo preoccupandoci, ma occupandoci  realmente dei poveri in senso lato, che collaboriamo con Cristo alla salvezza dell’umanità:  uscire per annunciare ed educare significa non accontentarsi di salvarsi ma volere salvare, non limitarsi a contemplare ma provvedere ai bisogni altrui, non donare e basta ma donarsi, testimoniando con la vita il Vangelo  che si custodisce nel cuore.
L’apostolo non è l’uomo di scienza, che la materia  deve studiarla a perfezione  e  sperimentarla  in tutti gli effetti  possibili ed immaginabili  per evitare di andare allo sbaraglio, è l’uomo che si muove e va dove una mano tesa lo attende: certo deve contemplare bene il da fare, deve sapere quello che conviene al fratello, ed è per questo che la preghiera precede il soccorso, ne è la molla ed il successo.
Senza la preghiera il volere è dovere,  nel senso che il carico di responsabilità  che uno si prende sulle spalle con ammirevole buona volontà  finisce per sfinirlo ed esaurirlo, per mancanza di risultati immediati, di gratitudine e riconoscenza, di gusto e piacere, e va avanti a fatica, scontento e depresso: è la preghiera che fa rifiorire e solidifica la fede, la speranza e l’amore, e li rende strumento  docile alla volontà di Dio, che mai  fa avvilire chi, anche se non la capisce fino in fondo, la osserva come Maria, con filiale e totale abbandono.
La preghiera è la casa che non crolla mai, il rifugio sicuro in cui ritrovarsi e ritemprarsi, ed il verbo abitare indica proprio questo  tornare a casa  e riprendere animo, per  potersi spendere poi per il prossimo con rinnovato  vigore ed entusiasmo, come trasfigurati.
E trasfigurato può e deve apparire il vecchio e glorioso Apostolato della Preghiera nella misura in cui si modella sul volto pietoso e misericordioso di Gesù Servo di Dio e degli uomini, in completa concordia con il Papa e le sue sante intenzioni:  il primo impegno sia di andare in missione  per le vie del mondo,( mai da soli, almeno due a due, come raccomanda il Maestro ai discepoli),  ossia prestare ascolto alle urgenze intestine di chi si incontra, vincendo con la discrezione e la gentilezza le immancabili resistenze a fidarsi e confidarsi.
Anche l’annuncio evangelico deve essere corretto e composto, pieno di slancio ma  rispettoso del credo altrui,un  esempio di tolleranza che convince ed educa più di tanti paroloni, e il sorriso non manchi mai, è il raggio di sole che scioglie la diffidenza ed il sospetto: la famiglia sia la situazione privilegiata per comprovare  la ricchezza dei frutti che derivano dai nostri valori fondanti, preghiera che diventa vita, verità unita alla carità, giustizia avvinta alla misericordia.
Come Apostolato della Preghiera , uniti a Gesù mite ed umile di cuore soffriamo ed offriamo tutto ciò che siamo ed abbiamo, le nostre miserie e le nostre virtù, dono queste dello Spirito Santo  che il Signore risorto ci ha posto nel cuore, trasformandolo e rendendolo capace di cose meravigliose, persino  perdonare e amare il nemico; come Rete mondiale di Preghiera del Papa,  senza limiti di spazio  professiamo il nostro credo, lo mettiamo a disposizione di ogni figlio di Dio che non sa di esserlo già, o di poterlo diventare, lo risolviamo in compassione tenerissima e grandissima per l’umanità nelle doglie del parto di un nuovo umanesimo, audace ma non temerario, terreno ma rivolto al cielo, mistico ma ordinario, proprio per tutti.

È l’era della conoscenza che si fa riconoscenza  per l’uomo che non si crede Dio, e per questo crede in Dio

Filomena Savino.