Il nuovo umanesimo
dell’Apostolato della Preghiera
La Carità divina è predisposta a sempre nuovi disegni di santificazione dell’uomo alla ricerca della Verità incarnata da Cristo, e non lascia irrisolti i
problemi interiori che il progresso sociale determina e scatena nei fedeli sostenitori del precetto evangelico della giustizia colma di
misericordia, in contrasto con il desiderio di
autosoddisfazione dei propri interessi che il mondo coltiva concretamente nel mito del capitalismo.
Il dono della sapienza è concesso a chi non si arrende alla
logica imperante, riconducibile al dominio della carne sullo spirito, ma
richiede un continuo ascolto della avvertenze provvidenziali dei fatti che
accadono, un costante interrogarsi
sul mistero di Cristo in rapporto alla propria vita, una seria riflessione sui valori attuali in
rapporto ai precetti eterni contemplati nell’umanesimo esemplare di Gesù, modello e maestro di ogni
uomo che voglia discernere e fare la volontà del Padre, che tutti chiama ad
essere suoi figli ed eredi.
L’Apostolato della Preghiera ha raffigurato e raffigura il
volto dell’uomo contemporaneo, che non si
rispecchia nell’essere abnormemente razionale professato
dall’illuminismo, e neppure nel tenebroso sognatore invocato dal romanticismo,
ma trova la sua vera dimensione nella persona
di Giovanni, l’apostolo prediletto del Signore, che riceve la Sua intima confidenza per imparare ad interpretare il presente alla
luce della storia della salvezza.
Non conta la prosperità economica, che assoggetta
l’individuo alla legge spietata della produttività, costringendolo ad eccessi
di volontà antagonista, a danno della propria coscienza; non soddisfa
abbastanza il piacere della conquista di tanti diritti sociali, mancando
il gusto della vittoria sulle proprie miserie, acuite dall’andazzo
quotidiano nel segno
del compromesso per il successo,
la sola consolazione non aleatoria risiede nella contemplazione
della terra promessa, dove arriva chi
non pretende i beni materiali, ma chiede
il bene incorruttibile ed essenziale del
cuore umile e mite come il Cuore divino.
La spiritualità dell’Apostolato della Preghiera, ribadita anche dalla recente
ricreazione, è basata sui sentimenti di
Gesù comunicati ai suoi apostoli con le
parole e la vita, e rivela i tratti dell’uomo di preghiera, che per fede
in Colui che supplica si spoglia di ogni convenienza mondana e si abbandona al salutare rimedio di
Dio contro la rovina della passione
terrena: chi si offre in favore dell’incosciente, dell’irriconoscente, del
tiepido e del pavido, si annulla nell’orgoglio personale di essere degno di ascolto e di benevolenza a
motivo della comunione d’intento con il Salvatore e Redentore, e accetta con umiltà e mitezza la Provvidenza paterna per i derelitti, ai
quali si sente avvinto misticamente e per i quali arde di compassione e pietà.
Il dono di sé per il fratello sordo e cieco nei confronti
della Verità e della Carità divine è espressione di corresponsabilità,
solidarietà, intermediazione: sono i pilastri dell’umanesimo cristiano modellato sull’esempio vivo di Cristo
Eucarestia, e sono le basi della sua Chiesa una, santa, cattolica, apostolica,
romana.
Con queste basi abbiamo costruito il nostro edificio
spirituale in mezzo a palestre e discoteche, o più modestamente cortili ed
osterie, ed abbiamo insegnato ai distratti con abnegazione la via della giustificazione.
Ma oggi la nostra vicinanza individuale ed ecclesiale, sensibile
ed intellegibile dal nostro comportamento
ed il nostro argomentare sui costumi dei giovani e dei diversi di ogni genere con consoni accenti, non è sufficiente a
smuovere le diffidenze e le resistenze di quanti si sentono distinti dai nostri progetti umanitari, ed è dovere coniugare l’amicizia con la sincera
testimonianza d’affetto, il rispetto con
l’impegno serio, l’accoglienza con il sostegno sostanziale.
Per vocazione l’Apostolato della Preghiera è missionario, ma
oggi la missione è il presupposto imprescindibile dei nostri atti di carità:
quando il prossimo è familiare, si può
assicurare la sorte dei confratelli in affanno esistenziale
relazionandoli a Cristo nella preghiera e nel sacrificio eucaristico, offerti
per loro in riscatto dei loro oltraggi, e si può trasmettere immediatamente
l’esempio di cui hanno bisogno per
redimersi e mettersi in cammino con noi, ma quando è il
forestiero, il lontano che urge del nostro altruismo, il processo è inverso, in
quanto siamo noi che dobbiamo abbandonare il nostro cammino
abituale e portarci nella sorte dell’altro ancorato alla propria identità, con accortezza e delicatezza.
L’uomo incontro al quale dobbiamo andare non è migliore o peggiore di noi, è il
risultato di altre esperienze di vita, di altre ansie e paure, forse è
miscredente, forse è pagano o impropriamente rispettoso di Dio, forse è
minaccioso o rabbioso, intollerante o rude, molesto o villano, non lo sappiamo,
se non lo contattiamo senza pregiudizi, e lo predisponiamo alla confidenza.
Già l’Apostolato della Preghiera si è adoperato per i
miseri, poveri materialmente e spiritualmente, ne ha fatto il centro dei propri
pensieri generosi, proponendo un umanesimo solidale che non ha paragone nel
panorama mondiale: l’apostolo cristiano
si è proposto come l’uomo per l’altro uomo, forte del sentire e dell’agire di
Cristo, ed ha prodotto la barriera umana contro il male moderno, il pragmatismo
arido e squallido.
La società però in questi ultimi anni è cambiata ancora, si
è infiltrata la regola dell’ottimizzazione del capitale sociale, qualcosa a
metà tra capitalismo e socialismo, e l’attuale globalizzazione del desiderio di cambiamento di prospettiva di
vita è responsabile della corsa alla giustizia reale tra i popoli di ogni
latitudine e longitudine del pianeta.
Il neogiustizialismo contemporaneo ha attivato nella Chiesa maestra di vera
solidarietà un’ulteriore promozione della carità soggettiva ed oggettiva, alla
luce delle parole di Gesù: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e
non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.”.
(Matteo 9, 12-13)
Il versetto 12 rimanda alla risposta che il Messia diede a
Giovanni Battista riguardo ai malati che gli tendevano le mani per essere
risanati: “I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono
guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è
predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me.”(Matteo
11, 5-6) : la misericordia è applicata ai randagi fuori del tempio, alle creature che vagano nelle tenebre, ai miseri
amari e reietti, ai morti alla speranza di un rimedio al peccato.
È umanesimo che scandalizza i benpensanti, di allora e di
oggi, e portato alle supreme conseguenze è umanesimo globale, che nel mondo
senza più frontiere precostituite trasfigura la malattia dell’umanità deturpata
dalla morsa del fatalismo in opportunità di un nuovo concetto del malato riconosciuto prediletto
da Dio.
Il nuovo umanesimo dell’amorosa preferenza degl’ ultimi
eredita il nobile sacrificio per amore del povero,tanto più se ammalato d’ignoranza
o rassegnazione al male, sacrificio a noi apostoli del Cuore di Gesù
particolarmente congeniale,e ne perfeziona e potenzia la portata: è richiesto
in sostanza il resto,di gran valore, un
atto di misericordia che libera il beneficato dalla paura di essere abbandonato
a se stesso.
Non solo amicizia, dunque, assicura il cristiano al prossimo
che incontra per le vie del mondo, ma la bella novella dei sentimenti che prova
per lui, comprensione, disponibilità, benevolenza.
Il mondo ha bisogno d’amore,
altrimenti muore.
Nei cinque verbi del Convegno di Firenze sul nuovo umanesimo
in Gesù Cristo sono presenti i cardini della nuova evangelizzazione: uscire,
annunciare, abitare, educare,
trasfigurare, fanno la Chiesa come sempre autorevole, provvida, caritatevole,
ma le danno qualcosa in più rispetto alla equilibrata commistione di carisma
profetico- apostolico (Paolo) e crisma pastorale-magisteriale (Pietro) che ella
possiede sin dagli inizi, il servizio appassionato al pellegrino senza
prospettiva futura, da rassicurare e portare alla meta del giusto benessere
dell’anima e del corpo.
Non è solo
preoccupandoci, ma occupandoci realmente
dei poveri in senso lato, che collaboriamo con Cristo alla salvezza
dell’umanità: uscire per annunciare ed
educare significa non accontentarsi di salvarsi ma volere salvare, non
limitarsi a contemplare ma provvedere ai bisogni altrui, non donare e basta ma
donarsi, testimoniando con la vita il Vangelo
che si custodisce nel cuore.
L’apostolo non è l’uomo di scienza, che la materia deve studiarla a perfezione e
sperimentarla in tutti gli
effetti possibili ed immaginabili per evitare di andare allo sbaraglio, è
l’uomo che si muove e va dove una mano tesa lo attende: certo deve contemplare
bene il da fare, deve sapere quello che conviene al fratello, ed è per questo
che la preghiera precede il soccorso, ne è la molla ed il successo.
Senza la preghiera il volere è dovere, nel senso che il carico di
responsabilità che uno si prende sulle
spalle con ammirevole buona volontà
finisce per sfinirlo ed esaurirlo, per mancanza di risultati immediati,
di gratitudine e riconoscenza, di gusto e piacere, e va avanti a fatica, scontento
e depresso: è la preghiera che fa rifiorire e solidifica la fede, la speranza e
l’amore, e li rende strumento docile alla
volontà di Dio, che mai fa avvilire chi,
anche se non la capisce fino in fondo, la osserva come Maria, con filiale e
totale abbandono.
La preghiera è la casa che non crolla mai, il rifugio sicuro
in cui ritrovarsi e ritemprarsi, ed il verbo abitare indica proprio questo tornare a casa e riprendere animo, per potersi spendere poi per il prossimo con
rinnovato vigore ed entusiasmo, come
trasfigurati.
E trasfigurato può e deve apparire il vecchio e glorioso
Apostolato della Preghiera nella misura in cui si modella sul volto pietoso e
misericordioso di Gesù Servo di Dio e degli uomini, in completa concordia con
il Papa e le sue sante intenzioni: il
primo impegno sia di andare in missione
per le vie del mondo,( mai da soli, almeno due a due, come raccomanda il
Maestro ai discepoli), ossia prestare
ascolto alle urgenze intestine di chi si incontra, vincendo con la discrezione
e la gentilezza le immancabili resistenze a fidarsi e confidarsi.
Anche l’annuncio evangelico deve essere corretto e composto,
pieno di slancio ma rispettoso del credo
altrui,un esempio di tolleranza che
convince ed educa più di tanti paroloni, e il sorriso non manchi mai, è il
raggio di sole che scioglie la diffidenza ed il sospetto: la famiglia sia la
situazione privilegiata per comprovare la
ricchezza dei frutti che derivano dai nostri valori fondanti, preghiera che
diventa vita, verità unita alla carità, giustizia avvinta alla misericordia.
Come Apostolato della Preghiera , uniti a Gesù mite ed umile
di cuore soffriamo ed offriamo tutto ciò che siamo ed abbiamo, le nostre
miserie e le nostre virtù, dono queste dello Spirito Santo che il Signore risorto ci ha posto nel cuore,
trasformandolo e rendendolo capace di cose meravigliose, persino perdonare e amare il nemico; come Rete
mondiale di Preghiera del Papa, senza
limiti di spazio professiamo il nostro
credo, lo mettiamo a disposizione di ogni figlio di Dio che non sa di esserlo
già, o di poterlo diventare, lo risolviamo in compassione tenerissima e
grandissima per l’umanità nelle doglie del parto di un nuovo umanesimo, audace
ma non temerario, terreno ma rivolto al cielo, mistico ma ordinario, proprio
per tutti.
È l’era della conoscenza che si fa riconoscenza per l’uomo che non si crede Dio, e per questo
crede in Dio
Filomena Savino.
Filomena Savino.